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Un racconto di L.V.Cric.

SAKA! SAKA – gridava ogni mattina, da un anno dei suoi dieci, Tiro. Un bambino buono e coraggioso, per tutte le ore del giorno. Buono e coraggioso, ma non la mattina, non quando si svegliava. Appena sveglio urlava quello strano nome e piangeva e cercava per tutta la stanza ancora mezzo addormentato, prima di rendersi conto di essere a casa sua, nella sua cameretta.

TROVAMI – a quella preghiera, Tiro si svegliava completamente. Da dove venisse non lo sapeva. Lui la sentiva. Ma presto si accorse che per i genitori quel suono non esisteva. I primi giorni correvano in camera sua per assicurarsi che stesse bene. Piano piano si abituarono ai suoi risvegli turbolenti e non se ne preoccupavano più. – TROVAMI – ma loro non sentivano, no. Lo stringevano e gli dicevano semplicemente che andava tutto bene. Eppure, stretto stretto dentro le braccia del padre e della madre – TROVAMI.

E la mattina cominciava a scorrere normale. Colazione, doccia, scuola, bulli, ragazzina di cui era innamorato, sport, casa, merenda, compiti, tv, cena, denti, letto e ricominciava tutto da capo.

Il sole sorgeva di notte, e sembrava un bel mondo. Un buon profumo. Creature simpatiche, sorridenti. C’era la spiaggia e un mare silenzioso. Ogni notte si prometteva di cambiare strada e vedere un pezzo nuovo di quel mondo. Ogni notte verso quel mare muto e cristallino, invece, camminava. Fino a immergere le caviglie, camminava, e fermo aspettava. La gigantesca pinna piena di cicatrici emergeva dal pelo dell’acqua, poi il dorso segnato da mille battaglie.

Buona notte, Sua Maestà Rus Van Ognisangue. – Buona notte a te, Tiro lo scalzo. – Vedo una fila di denti nuova di zecca. Sono davvero belli. – Si, bocconcino, molti bocconcini mangiati e denti molto sporchi, occorre cambiarli o il prossimo pasto avrà un brutto sapore. –

Ogni notte Sua maestà lo squalo rimaneva in silenzio a guardare il pancino tenero. Tori lo scalzo, fissava i mille denti affilati. Sua maestà si raccomandava che non si bagnasse oltre le ginocchia senza un adulto a controllarlo, o lo avrebbe dovuto mangiare. E questo gli sarebbe dispiaciuto, anche se pensava fosse un bocconcino delizioso.

SCALZOOOO! – una voce alle sue spalle lo chiamava. Ogni notte. Oltre la spiaggia bianca, una foresta fitta e profonda si allungava fin dove nessuno lo sapeva e dall’ombra di quegli alberi la voce lo chiamava. – Scalzo, quel demone ti chiama, e chiama ogni notte. Non vai mai! – Mi ha lasciato solo, perché dovrei andare? – Sua Maestà mostrò la prima fila di denti nuovi e affilati. – Sei un bocconcino presuntuoso, Scalzo. Me ne vado prima di morderti le caviglie.

Tiro rimaneva solo sulla spiaggia e aspettava. Aspettava cose che non ricordava quasi più. Immobile, fino alla mattina. Poco prima del sorgere del sole, annoiato, scavava un po’ nella sabbia e ogni notte saltava fuori sempre la stessa conchiglia a forma di cuore. A prendeva in mano e dopo qualche secondo cominciava a pulsare. Nuvoloni neri correvano verso la spiaggia dal mare. Nuvoloni neri correvano verso la spiaggia dalla foresta. Tuoni davanti, tuoni dietro coprivano quella voce. – SCALZOOOOOO! –

E la conchiglia bianca tremava e pulsava dentro la sua mano, e il tuono dal mare sembrava un voce, e il tuono dalla foresta sembrava una minaccia. E il cuore di perla pulsava più forte e lui ogni notte, in quel preciso momento cominciava a avere paura. Cominciava a sembrargli di ricordare qualcosa, ma dal mare gridava più forte e dalla foresta minacciava ancora peggio. E le nuvole nere erano quasi su di lui, il mare fatto di petrolio, la foresta di braccia scure. – CERCAMIIII!

Saka – non sapeva perché a quel punto di ogni notte su quella spiaggia bianca pronunciava quel nome, ma ogni volta lo pronunciava e tutt’a un tratto si ricordava. E guardava in fondo al buio della foresta. – SAKA! – provava a voltarsi, in panico, a correre verso la voce, provava, ma la foresta cominciava ogni notte a allontanarsi dieci volte ogni suo passo. – SAKA! SAKA! – ma la nuvola nera diventava la zampa di una bestia, e spazzava via ogni foglia, ogni ramo, ogni scoiattolo dentro quel verde. La nuvola nera dal mare era una bocca spalancata dell’orco e provava a mangiarlo. SAKA! SAKA!

SAKA! SAKA! – emergeva dalle coperte come una balena dall’acqua, sudato, pallido. Agitava le mani per liberarsi da qualcosa e poi era luce. La luce del giorno di tutti, dentro la cameretta. Ma ancora sentiva, piano, lontana quella voce – SCALZOOOO! – SAKA! – CERCAMIIII! – e allora saltava dal letto e cercava, apriva cassetti, armadi, portava fuori ogni vestito dall’armadio, sotto il letto, dietro i poster… smetteva quando la madre entrava in camera e lo scuoteva.

Diventava di nuovo un’altra mattina da bambino coraggioso, tra le mani della madre che all’inizio lo abbracciava, alla fine lo sgridava. – Scordati che lo rimetterò a posto io questo disordine! È ora di crescere! Di finirla con questa storia! – lui la guardava. – rimetterò in ordine dopo la colazione, mamma. – NO. – interveniva il padre. Lui non voleva che cercasse. Cercare era più grave del disordinare, secondo lui. E questo cominciò a sembrare strano a Tiro, quando cominciò a crescere, ricordare, ma allora la voce diventava già più debole. – scalzo? –

La scuola finiva e Tiro si trasferiva con la sua famiglia al mare. Una casetta davanti a una spiaggia bianca e un mare cristallino. Lui avrebbe voluto giocare in acqua per tutto il giorno, ma poteva farsi il bagno solo se era con i genitori. Gli dicevano che c’erano gli squali, a caccia di bambini incustoditi, dentro quel mare. E allora stava appena con l’acqua alle caviglie e aspettava. Aspettava che comparisse qualcuno a dirgli che poteva farsi il bagno. Ma non arrivava nessuno fino a tardi, finché il padre non tornava da lavoro e scendeva in spiaggia.

Fu una sera di quelle in cui i ragazzi più grandi cominciavano a scendere in spiaggia per restare fino alla notte, che Tiro in acqua col padre nuotò fino al fondo, dove qualcosa di bianco sporgeva dal fondale. Bianco e tondo, e volle scendere a recuperarlo. Spolverò via la sabbia fine e dentro la nuvola raccolse una conchiglia liscissima, candida. Sembrava bella. – La porterà alla mamma. – pensò. Ma la conchiglia cominciò a tremare, piano. Lui la guardò, poi il tremolio si trasformò in una pulsazione, un battito. – SCALZOOOOOO! –

Qualcosa lo afferrò per il braccio e cominciò a trascinarlo in superficie mentre lui fissava quel cuore di perla battere dentro la sua mano e ascoltava quella voce – SCALZOOOOOO – Era la mano del padre. Lo svegliò dall’incanto, picchiando contro la sua e costringendolo a lasciare andare ancora sul fondo la conchiglia. Poi l’aria, il sole la spiaggia. – Papà?- chiese sdraiato sulla battigia, mentre suo padre a carponi recuperava ossigeno. – che è successo papà? Perché mi hai portato fuori così? – squali! Ci sono gli squali figliuolo.

Una grande tempesta all’orizzonte coprì il sole tiepido del tardo pomeriggio, e allora si alzarono in piedi e guardarono lontano. Nera e piena di bitorzoli, la nuvola nera brontolava e si avvicinava. Il padre gli passo il telo e lui si coprì. Cominciava a avere freddo. – andiamo a casa, Tiro. – il ragazzo si guardava intorno e sembrava che nessuno altro in spiaggia si preoccupasse per la pioggia in arrivo. – Non sanno che i fulmini in spiaggia son pericolosi? – il padre non lo guardava. Sgambettava veloce verso casa. Non gli rispondeva.

Entrarono dentro e chiusero la porta. La madre corse incontro al figlio e lo abbracciò. Fuori tutto sembrava esser tornato normale, il sole, il mare, il cielo. Tiro guardò stupito, ma prima che potesse fare domande la madre chiuse le persiane e infine si girò sorridente. – Oggi ho voglia di andare a mangiare una pizza. Che ne dite? – il padre battè le mani e si dimostrò entusiasta. Tiro amava la pizza – che figo! – ma era un entusiasmo spento, si girava verso le finestre e si massaggiava la mano , sentiva ancora quel battito e in lontananza ancora quel – SCALZOOOOOO

4 commenti su “Saka e Scalzo”

  1. Ciao! Ho letto il racconto due volte prima di commentarlo. Sinceramente non mi è piaciuto molto per diversi motivi che vado a elencare:
    1. se mi trovassi in libreria non comprerei un libro scritto così perché la punteggiatura è un po’ come il vestito del racconto e qualcosa di così disordinato nei dialoghi fa perdere molto appeal allo scritto;
    2. il piccolo Tiro andava meglio caratterizzato, c’erano ancora molte battute a disposizione e si poteva raccontare meglio il perché fosse coraggioso, magari narrando la giornata invece che elencarla velocemente in un solo rigo;
    3. la costruzione del mondo in cui si muovono i personaggi è un po’ confusionaria, forse l’intento era quello di renderlo il più onirico possibile, però gli stacchi tra la realtà e il mondo onirico non sono stati gestiti molto bene e andrebbero rivisti;
    4. il racconto andava riletto qualche volta in più per accorgersi di qualche piccolo refuso, anche se non sono errori gravi;
    5. ho trovato il comportamento dei genitori quasi ambiguo, non parlano più di tanto, lo rimproverano all’inizio e nella parte finale invece sono silenziosi, come se fossero a conoscenza di quello che succeda al ragazzo;
    6. l’arco temporale in cui si svolge la storia dovrebbe essere spiegato meglio perché ho intuito come se ci fosse uno sbalzo temporale tra gli incubi che faceva a casa e il quasi annegamento al mare, ma non ne sono sicuro al 100%;
    7. il ruolo dello squalo qual è? Perché non è spuntato al mare?
    Insomma la storia ha delle potenzialità ma scritta così ho avuto difficoltà a seguirla.

  2. Il tuo racconto mi ha lasciato molte curiosità.
    Sono incubi di bimbo le disavventure notturne di Tiro?
    O forse messaggi da dimensioni sconosciute?
    Comunque sia, le inquietudini del bimbo sono ben raccontate, gli stati d’animo ben caratterizzati. Un minuscolo appunto sui dialoghi: una punteggiatura più attenta renderebbe più chiari gli interventi.

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